A rischio anche le terapie
“La carbonara risolve le ipoglicemie”. “Con la dieta del gruppo sanguigno si può dire addio ai farmaci per il diabete”. “I cerotti anti-diabete della medicina cinese possono sconfiggere la malattia”. “L’insulina fa diventare ciechi e crea pure dipendenza, come una droga”. Il web e i social pullulano di notizie di pura fantasia in materia di diabete e i pazienti, a caccia di suggerimenti sull’alimentazione, informazioni per la prevenzione oppure su dispositivi medici, cause e sintomi della malattia, finiscono per incapparci spesso. Secondo le stime, i 4 milioni di diabetici italiani sono prima o poi esposti a una delle tante fake in materia: il 60% delle notizie infatti che circolano in rete è una vera e propria bufala che non ha neppure un vago fondamento scientifico, totalmente scorretta dal punto di vista medico. Contro il diabete però la prima cura è una corretta informazione: ecco perché combattere le fake news è il tema del corso di formazione per giornalisti ‘Diabete e ipoglicemia severa, come raccontarli: parole, numeri e prospettive’, organizzato con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio e il contributo non condizionante di Eli-Lilly.“Tra le fake news vi sono le abitudini alimentari, dai cibi che vengono millantati come miracolosi ritrovati anti-diabete alle diete più fantasiose per risolvere la malattia – osserva Rita Stara, Vicepresidente Diabete Italia – purtroppo in alcuni casi questi suggerimenti del tutto privi di fondamento possono esporre i pazienti a rischi concreti: tantissimi per esempio hanno seguito prima o poi un’alimentazione iperproteica, ma ai diabetici fa male perché affatica i reni e aumenta il rischio di chetoacidosi metabolica. Un conto è suggerire un’alimentazione ricca di fibre e vegetali e ispirata alla dieta mediterranea, tutt’altro è indicare come risolutive prassi dietetiche del tutto prive di riscontro scientifico, per esempio la dieta del gruppo sanguigno”.Le fake news inoltre tendono il loro agguato non solo sul versante della prevenzione e dello stile di vita, ma anche su quello delle terapie: in questo caso possono essere perfino più rischiose, come aggiunge Roberta Assaloni, Past Presidente Associazione Medici Diabetologi (AMD) Friuli Venezia Giulia: “Un esempio è il mito dilagante dei ‘prodotti naturali’ come i nutraceutici, che sono spacciati come anti-diabetici o addirittura come sostituti dell’insulina, ormone salvavita. Tante sono anche le bufale sull’ipoglicemia, una della complicanze più frequenti del trattamento farmacologico del diabete che interessa sia pazienti con diabete di tipo 1 che di tipo 2, in particolare quelli in terapia insulinica, con costi diretti in Italia di 23 milioni l’anno e 16.000 accessi al pronto soccorso. Molte fake news riguardano i possibili rimedi per evitare che la glicemia scenda troppo, come può accadere in chi è in cura con insulina o con alcuni farmaci orali. In particolare viene spesso generata confusione sul trattamento dell’ipoglicemia severa, ossia quella che richiede l’intervento di una terza persona per essere risolta e che colpisce fino all’80% di pazienti diabetici tipo 1 almeno una volta nella vita”.Tra le cause principali di ipoglicemia c’è la mancata osservanza di una dieta corretta, come saltare o ritardare il pasto oppure mangiare meno di quanto previsto, un eccesso di attività fisica o anche un errore nel calcolo della dose di insulina. “Nei bambini con diabete e nelle loro famiglie la paura dell’ipoglicemia è uno dei fattori principali nella non accettazione della malattia – interviene Riccardo Schiaffini, Dirigente Medico del U.O. di Diabetologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma e coordinatore nazionale del Gruppo di Studio Diabete della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) – l’ipoglicemia è un’evenienza molto pericolosa, perché il calo rapido degli zuccheri nel sangue determina un forte malessere con sudorazione, tremore, senso di freddo o brividi, senso di fame, batticuore, ansia, irritabilità, confusione mentale, difficoltà a parlare, vista annebbiata, capogiro o mal di testa. Se non si interviene alla svelta, in alcuni casi si può avere una perdita di coscienza (svenimento) e nei pazienti più fragili o con altre malattie l’ipoglicemia può perfino risultare fatale”.
Fonte: Askanews.it
Con l’inizio delle scuole aumenta, per i nostri bambini, il rischio di prendere i pidocchi. Sfatiamo la falsa credenza che i pidocchi siano indice di quella scarsa igiene che causa nelle persone colpite e nei famigliari imbarazzo o, addirittura, vergogna. In realtà, questa proliferazione abnorme di pidocchi deriva dal fatto che sono aumentati molto i luoghi di aggregazione; mentre una volta c’era solo la scuola, oggi ci sono palestre, piscine, mezzi di trasporto ecc, quindi sono molto aumentate le occasioni di venirne a contatto.Cerchiamo, dunque, di sapere qualcosa in più sull’origine del pidocchio, su come nasce, su come si sviluppa, su come riconoscerli in testa.
La femmina depone in media 8-10 uova al giorno (Lendini, che al microscopio appariranno di forma rotondeggiante e trasparenti) che si attaccano al capello grazie ad una sostanza collosa, con preferenza per la nuca e per la zona dietro alle orecchie. Il pidocchio, pur con le sue microscopiche dimensioni (2-3 mm), possiede sei arti uncinati, con i quali si ancora alla radice del capello, e un apparato buccale formato da un rostro che, conficcandosi nel cuoio capelluto, ne succhia il sangue di cui si nutre. Durante la suzione, esso secerne delle sostanze anestetizzanti per rendere indolore la “puntura” e anticoagulanti per facilitare l’aspirazione del sangue. Le uova così deposte si schiudono dopo 10 giorni e si passa dallo stato di lendine a pidocchio. Quest’ultimo, dopo 15 giorni, può iniziare a riprodursi. La vita dell’insetto è breve: 20 giorni per il maschio e 40 per la femmina.
Queste due specie sono tipiche dell’uomo ed è molto importante sapere che gli animali non vengono colpiti da questo tipo di insetto e, di conseguenza, non lo possono trasmettere.
I pidocchi d’estate si sviluppano maggiormente. Essi, infatti, per sopravvivere devono stare al caldo e, al contrario di quello che si pensa, non saltano da una testa all’altra, ma si trasmettono semplicemente scambiandosi i capelli, le cuffie, ecc. I più colpiti sono i bambini, ma anche gli adulti sono esposti: ad esempio, non è difficile tornare da qualche viaggio con i pidocchi nelle parti intime!
La presenza di questo fastidioso insetto è spesso caratterizzata da un forte prurito che a volte, tuttavia, può anche non esserci.
È necessario osservare il cuoio capelluto passandolo con un pettine a denti stretti e, in commercio, ce ne sono alcuni dotati anche di lente d’ingrandimento e di spazzolina. Se, nei capelli, si osservano delle palline traslucide che sembrano quasi forfora ma che sono saldamente attaccate alla radice del capello tanto da non riuscire a staccarle, siamo in presenza delle lendini trasparenti di forma rotondeggiante di questi parassiti. L’infezione si chiama pediculosi e non è il caso né di allarmarsi né di vergognarsi: si tratta, semplicemente, di pidocchi che possono essere eliminati.
Il vecchio rimedio della nonna che prevede l’uso dell’aceto per eliminare i pidocchi non è efficace. Non è neppure necessario tagliare i capelli: i pidocchi non si trovano sulla lunghezza del capello ma alla sua radice.
Come fare, quindi, se sui capelli dei nostri bambini troviamo lendini o pidocchi? La cosa migliore è rivolgersi al farmacista di fiducia che vi illustrerà le varie possibilità. Quella più semplice prevede l’uso di shampoo antiparassitari; in commercio ve ne sono molti, alcuni dei quali caratterizzati da formule arricchite di componenti attivi contro i pidocchi e contro le lendini più resistenti.
Esistono anche gel antipediculosi fra i quali ricordiamo Aftir Antipediculosi che si applica sui capelli asciutti. Questo, lasciato agire per 10-15 minuti, viene poi eliminato lavando i capelli con uno shampoo per pidocchi come Aftir Shampoo Antipediculosi Formula Arricchita che, oltre ad eliminare i parassiti morti, crea un ambiente sfavorevole all’instaurarsi di un nuovo insediamento. È opportuno ripetere il trattamento dopo 3 e dopo 7 giorni in maniera tale da debellare i pidocchi in tutte le loro fasi (lendine, larva, giovane pidocchio).
Non è possibile rispondere perché dipende dal trattamento che si intende intraprendere e da quanto sono resistenti le lendini e i pidocchi. Nel periodo scolastico sarebbe buona norma adottare delle semplici precauzioni in grado di evitare lo “stress” da pidocchi:
Quando si ritorna a scuola, invece, è opportuno usare dei prodotti che rendano più difficile un nuovo attecchimento dei parassiti. È possibile prevenire i pidocchi, infatti, creando sul cuoio capelluto un ambiente a loro ostile. Preaftir propone un “kit pidocchi” di prevenzione costituito da: Preaftir Lozione Spray Complemento Cosmetico Antipediculosi, Preaftir Olio Shampoo Complemento Cosmetico Antipediculosi e un pratico Pettinino con Lente.